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Salone del Mobile 2025

Salone del Mobile 2025: forme morbide, materiali vivi e una nuova idea di abitare

Un’edizione che racconta come sta cambiando il design: tra comfort radicale, sostenibilità concreta e una nuova idea di casa come luogo da sentire, prima ancora che da mostrare.

 

1. Il fascino della morbidezza

C’è un ritorno alla rotondità, alla curva, al gesto avvolgente. Gli spazi abitativi sembrano volerci proteggere e accogliere con forme generose, linee fluide, geometrie organiche. È la tendenza dominante di questo Salone 2025, che abbandona gli spigoli e le rigidità per abbracciare una nuova morbidezza visiva e sensoriale.

Un esempio è il sistema di sedute Coupé di Giampiero Tagliaferri per Minotti: forme ispirate agli anni ’60 che trasformano il divano in un rifugio. O la poltrona Owen di Jean-Marie Massaud per Poliform, dove lo schienale richiama il nastro di Möbius, fondendo estetica e concetto.

Questa ricerca non è solo estetica: è una risposta al bisogno crescente di sentirsi bene negli spazi quotidiani. Il design torna al corpo e alle emozioni.

 

2. Il progetto come gesto di benessere

Chi progetta interni oggi ha davanti una nuova sfida: creare ambienti che non siano solo belli, ma che offrano esperienze di benessere tangibile. Si parla di luce naturale, acustica, ergonomia, matericità. Ogni dettaglio diventa un atto di cura, un invito al respiro lento, alla pausa, all’ascolto.

Porro, Edra, Visionnaire e molti altri brand hanno interpretato questo bisogno con arredi che non si impongono, ma si integrano. Forme generose, materiali caldi, colori che non affaticano lo sguardo. In molti casi, anche l’allestimento dello stand è pensato per far rallentare il visitatore. Ed è in questo rallentamento che si capisce il valore profondo del progetto.

 

3. Quando la sostenibilità è sostanza

Il greenwashing non ha più spazio. La sostenibilità vera è fatta di materiali tracciabili, filiere corte, processi reversibili. I brand più evoluti non la mettono più al centro come slogan, ma come standard di progetto.

Arper introduce Breathair, un cuscino completamente riciclabile. Nardi presenta Plano, un lettino in resina fiberglass dal design intelligente, che ottimizza lo spazio e riduce l’impatto ambientale. Living Divani, invece, lancia Etoile, un tavolo bar con piano in Noai, biocomposito naturale composto da terra cruda e fibre di canapa.

Sostenibilità, oggi, significa anche evitare lo spreco progettuale: molti brand riutilizzano gli stand degli anni precedenti, segno che anche il design sa quando è il momento di dire “basta” all’effimero.

 

4. Rileggere il passato con occhi nuovi

Quello che abbiamo visto è un Salone che celebra il design storico ma con nuove lenti. Kartell recupera la paglia di Vienna in chiave green. Memphis Milano ripropone gli specchi anni ’80 di Michele De Lucchi. Frigerio riporta in auge la lavorazione del giunco. La nostalgia diventa progettualità: non si imita il passato, lo si reinterpreta con nuove sensibilità.

È una lezione che vale anche per chi lavora nell’interior contemporaneo: conoscere ciò che è stato, per dare profondità a ciò che sarà.

 

5. Materiali che raccontano storie

Il materiale non è solo un mezzo, ma un messaggio. Le nuove collezioni puntano su superfici imperfette, grezze, tattili. Argilla viva, vetro colorato, cristalli scolpiti a mano, tessuti grezzi intrecciati in modo visibile.

Bosa, Bitossi, Atelier Vierkant: ognuno racconta una storia fatta di mani, di ricerca, di tecnica. Il bello torna a essere anche umano, fallibile, emotivo. E questo – per chi fa interior design – è un richiamo potente alla responsabilità narrativa di ogni scelta materica.

 

6. Il design che diventa cultura

Forse la cosa più preziosa di questo Salone è stata la sua volontà di diventare un generatore di cultura. La Library of Light di Es Devlin alla Pinacoteca di Brera è stato un esempio perfetto: una scenografia luminosa che invita alla contemplazione. Oppure la performance Staging Modernity di Cassina, tra teatro e installazione, per riflettere su Le Corbusier e la visione modernista.

Il design non è solo funzione o stile: è una lente per leggere il mondo. E quando riesce a emozionare, a interrogare, a ispirare… allora diventa davvero qualcosa che vale la pena di portarsi dentro e portare avanti.

 

7. Cosa ci portiamo a casa

Tornando in studio dopo il Salone, non abbiamo solo una cartella piena di foto e appunti. Abbiamo una sensazione netta: che l’interior design stia entrando in una nuova fase. Meno dettata dalle mode e più attenta alle relazioni. Agli spazi che accolgono. Alle persone che li vivono.

E noi, come Venti, ci sentiamo in perfetta sintonia con questo cambiamento. Perché crediamo che ogni progetto – piccolo o grande – debba partire da lì: dal benessere vero, dalla sostenibilità intelligente, dalla bellezza che non ha bisogno di urlare.

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